La legatura delle barbatelle
Rientra nella pratica ordinaria di allevamento legare i ceppi le barbatelle appena piantate ai tutori, al fine di educarle alla posizione eretta con legacci. Talvolta questi sono solo provvisori, disponibili al momento, con il proposito della loro successiva sostituzione, magari all’epoca della potatura secca. Accade che questo non avvenga sempre, in particolar modo quando si tratta di piantine di sostituzione in un vecchio vigneto. Ancor di più, quando la legatura avviene troppo vicina al terreno e quindi facilmente nascosta dalla terra o dall’erba.
Il Legaccio
Il legaccio tradizionale di un tempo era il vimine, molto funzionale poiché forniva un’ottima tenuta con la permanenza di circa un anno, prima di deteriorarsi naturalmente. I materiali plastici sono invece indistruttibili, mentre quelli animati con sottili fili di metallo mantengono la loro efficacia per molti anni. Per queste ragioni, le legature con questi ultimi materiali dovrebbero essere annualmente ispezionate, per consentire al ceppo di crescere liberamente senza danno, senza che vi sia il pericolo di inglobare il legaccio alla base.
Nel caso in cui la legatura basale, effettuata all’epoca di giovane pianta in allevamento, sia stata nascosta dal terreno, gli effetti della sofferenza possono manifestarsi dopo alcuni anni.
Nel caso invece di legatura successiva a ceppo ormai sviluppato, il tempo per la manifestazione dei sintomi corrisponde a quello necessario per l’ulteriore e significativo allargamento del fusto.
La strozzatura
Quando il legaccio inizia a stringere, accade qualcosa di particolare. La struttura legnosa cresce ogni anno con un ulteriore strato periferico. In poche parole si allarga, non dilatandosi ma realizzando nuove strutture. Perifericamente, immediatamente al di sotto della corteccia, vi è un particolare tessuto, molto sottile e più tenero della parte legnosa interna. In esso le sostanze elaborate dalle foglie scendono verso le parti che la pianta ha predisposto come luoghi di riserva.
La progressiva strozzatura derivata da legature dimenticate ostacola tale tessuto e arresta la sua specifica funzione. Gli elaborati non riescono così ad oltrepassare tale barriera e si stabilisce un’anomala concentrazione nelle parti ad essa soprastanti. Gli organi verdi evidenziano questa anomalia tingendosi di tinte vivaci, molto evidenti quando il vitigno è rosso. Se detta legatura interessasse solo una parte della pianta, gli effetti sarebbero ancor più sottolineati dal confronto delle due differenti condizioni nell’ambito della stessa chioma.
Il recupero di queste piante è difficile, in quanto le lesioni sono permanenti e sovente già assai gravi al momento del riconoscimento. Detto recupero, non avviene mai completamente. Anche fosse possibile svilare il legaccio già in parte inglobato nel legno, rimane una traccia profonda che il tempo non cancellerà. Quest’ultima operazione è possibile solo l’anno successivo in cui è iniziata la lesione.
La progressione futura
Il ceppo continua il suo sviluppo negli anni successivi. Dopo un paio di stagioni, è probabile che i sintomi vistosi, apparsi in precedenza sulla vegetazione, non si ripresentino più. La minore funzionalità del fusto consiste nell’alterazione di una parte dei vasi. Nel caso di fisiopatie di varia natura, e in particolare della presenza del “Mal dell’esca”, la predisposizione delle piante alla sofferenza sarà superiore.
Nel caso in cui la legatura sia stata interamente assorbita e quindi non sia più visibile dall’esterno, la crescita del legno evidenzia l’alterazione con un particolare ingrossamento, disposto anularmente su tutta la circonferenza. E’ questo il caso di piante che hanno iniziato il loro patimento ancora nel periodo giovanile, nel corso del quale l’incremento di diametro del fusto è relativamente rapido. L’anomalia che ne deriva fa sì che la resistenza meccanica del fusto non sia proporzionata alla sua dimensione. Saranno possibili rotture in prossimità di tali ingrossamenti, magari determinate da un colpo accidentale inferto con un attrezzo o per l’azione del prolungato gelo invernale.